Se c’è una immagine chiara del Paradiso, del Regno di Dio compiuto e realizzato, cioè,
questa è quella di un pranzo di nozze, di un banchetto dove si fa festa come nella prima lettura.
La immaginiamo una festa bella e piena di serenità
senza eccessi di cibo o di fasti come si usa nei banchetti di matrimonio o di altro genere in questi tempi.
Ma come ogni festa di matrimonio che si rispetti c’è un problema serio su chi invitare!
E, per quanto riguarda il Regno di Dio, potremmo dire che si tratta di capire
a che titolo se ne fa parte, qual è la condizione che ci permette di entrare alle nozze…
Si parlava fino a qualche tempo fa di meriti, di cose che ti facevano meritare il paradiso.
Azioni meritorie, si diceva…
questo linguaggio oggi è abbandonato – e a ragione, direi – ma è sempre vera la realtà:
c’è qualcosa che ti permette di entrare o di essere respinto dalla festa di nozze, dal Regno.
La parabola più che descriverci il banchetto, le vivande, il clima che c’è,
ci tiene a sottolineare questo aspetto, di chi partecipa, di chi può restarvi.
E quello che vediamo è che ci sono tre gruppi di persone:
ci sono gli invitati veri e propri; quelli che vengono invitati in seconda battuta e la persona cacciata fuori.
Gli invitati veri e propri sono quelli che sono “degni” del Regno.
L’autore del Vangelo ha in mente i “giusti”, quelli che osservano la Legge.
Quelli che dalla società sono ammirati e ritenuti, appunto, degni.
Eppure quelli non ci vanno! Non sono scacciati, eh… sono loro che rifiutano l’invito.
Sono troppo occupati nelle loro cose per andare, per perdere tempo dietro a Dio.
Si occupano così tanto delle cose di Dio da dimenticare proprio il Signore per cui fanno cose.
Comprendiamo, così, che per entrare nel Regno, per partecipare al paradiso non si tratta di fare cose.
Non si tratta di avere meriti particolari.
Come Gesù, nel Vangelo di Matteo, ha insegnato all’inizio del suo ministero
sono beati i poveri in spirito … di essi è il regno dei cieli! (Mt 5,3)
Il vero merito per entrare nella festa del paradiso è quello di non aver rifiutato l’invito.
Buono o cattivo che tu sia: non è una questione di moralità o di rispettabilità.
In paradiso ci si va perché si accetta l’invito che riceviamo dalla croce del Signore Gesù.
C’è, però, un “ma”… che il Vangelo di san Matteo pone: devi indossare l’abito della festa!
Devi, cioè, partecipare alla bellezza del Regno, del paradiso e non starci come fosse un posto qualunque.
Devi essere rivestito dell’abito del battesimo, che è la tua partecipazione piena e cosciente
al mistero della salvezza che ti è offerta, alla festa cui vieni invitato.
Questo è l’unica condizione per restare nella festa che a noi viene anticipata sull’altare.
Noi, che non abbiamo titoli per partecipare alla festa annunciata dal profeta Isaia (25,6-10),
oggi siamo stati radunati per prendervi parte e per assaporare il cibo e il vino del cielo.
Ma possiamo farlo se ci rivestiamo dell’abito battesimale,
della fede operosa, dell’amore vissuto, della speranza viva…
Con l’abito della festa, avviciniamoci al luogo dove lo Sposo incontra la sua Sposa
e dove ci viene offerto il suo corpo e il suo sangue!
Anche se non lo meritiamo, siamo stati invitati a questo banchetto di nozze:
con la gioia e la riconoscenza che nascono dal battesimo
insieme partecipiamo a questa festa in cui Dio è nostro cibo e nostro ospite!
Valledacqua, 15 ottobre 2023
XXVIII domenica del tempo ordinario
Is 25,6-10 Sal 22 Fil 4,12-14.19-20 Mt 22,1-14