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a che serve pregare

Non ci sembra difficile comprendere le parole finali del Signore del Vangelo di oggi
sullo stato della fede al ritorno del Signore Gesù alla fine del mondo.
Vediamo come la fede interessi sempre meno le persone
e permei sempre di meno le culture e le società in cui viviamo
per cui non ci meraviglia la sua osservazione!
Persino nella Chiesa ci sono autorevoli preti che fanno inni all’eresia
e alti prelati che sognano il sovvertimento della fede in ragione di una «modernizzazione».
C’è posto ancora per la fede nel mondo e nella Chiesa di oggi?
Il segno più eloquente di questo è la considerazione che si ha della preghiera
e, soprattutto, di chi della preghiera fa una sorta di ruolo, i monaci e le monache.

Sappiamo bene come nel cuore della modernità, i regimi libertari dell’Ottocento
hanno soppresso (e «incamerato» i beni) di tutti gli ordini che non avevano un’utilità sociale.
Per la vita ecclesiale è stata una preziosa occasione di ritorno all’essenzialità
ma non possiamo non notare come questa idea sia falsa e sempre presente
e, anzi, come sia penetrata persino nella mente di tanti cristiani e di tanti preti e vescovi:
se una forma di vita «produce» qualcosa, ha un’utilità sociale va bene; altrimenti a che cosa serve?
Un ragionamento pericoloso perché ricade la salvezza cristiana a una delle tante utopie umane.
Ma, soprattutto, elimina il «di più» che il Vangelo ci porta e ci dona.

E proprio la parabola che abbiamo udito nel Vangelo, oggi,
insegna che la preghiera è necessaria ad ogni persona: anzi che occorre pregare sempre!
Questo rende possibile ad una persona di vivere autenticamente.
Proprio il contrario di quello che sentiamo dire, in modo totalmente antievangelico:
«a che serve pregare se poi non ti comporti bene?» « quello che conta è fare del bene»
e banalità di questo genere…
In realtà, la qualità di una vita «buona» è data proprio da quanto siamo immersi nel mistero della preghiera.
Perché si tratta proprio di questo: non di condire la nostra vita di qualche preghiera
ma di vivere in un clima costante di preghiera, di attenzione a Dio e alla sua provvidenza.
Di questo le comunità monastiche sono il segno e l’annuncio!
Socialmente irrilevanti, ma umanamente essenziali…
Ed è una cosa molto singolare che ogni forma religiosa abbia un proprio «monachesimo»,
- persino l’Islam che ha una visione molto poco incline alla vita interiore -.

Così oggi possiamo capire bene come l’importanza che si dona alla preghiera
- non tanto alla distrazione delle orazioni da fare per riempire gli spazi vuoti
o per offrire spazi inutili e dannosi di misticismo o pseudoreligiosità -
da quanto spazio diamo al pregare
possiamo misurare anche la nostra capacità di crescere come persone e di vivere il Vangelo.
Potremmo anche dire che la vera risposta ai pericoli che il Papa ci ha insegnato a vedere,
quelli dello gnosticismo e del pelagianesimo,
è proprio il ruolo che può avere la preghiera nella nostra vita.
Non per tutti si tratta di avere momenti costanti e lunghi di preghiera,
ma per tutti è lo stare sempre in un clima di preghiera, vivendo ogni cosa alla presenza del Padre.

Proprio come il Figlio di Dio: che mai ha abbandonato l’attenzione al Padre suo
sia quando lo ricercava nella liturgia comune e nella solitudine della propria preghiera personale
sia quando annunciava la salvezza o viveva le cose di ogni giorno.
Anche noi possiamo, senza mai stancarci, vivere unicamente di preghiera
facendo di ogni cosa che viviamo una lode a Dio e una invocazione, un’intercessione
perché la fede sulla terra sia sempre più il patrimonio che rigenera ogni persona
e non venga mai a mancare ad ogni uomo l’annuncio del Vangelo.

Vieni, Signore, e rendici persone che sanno pregare e sanno annunciare a tutti
che solo nella comunione con il Padre tuo c’è la vera umanità e la vera vita.
Vieni, Signore e rinnova col tuo Spirito tutta la terra!

Valledacqua, 20 ottobre 2019
XXIX domenica del tempo ordinario
Es 17,8-13   Sal 120   2Tm 3,14-4,2   Lc 18,1-8

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