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dalla Croce all’eternità

C’è una differenza forte nel Vangelo di San Luca tra due scene che sono, in qualche modo, simili.
Simili perché si parla del fatto che Gesù non c’è più.
La prima è la scena della crocifissione, della Morte del Signore; l’altra è questa dell’Ascensione.
Gesù non c’è più, scompare dalla vita dei discepoli, degli Apostoli.
Eppure il modo in cui le persone reagiscono a questi due eventi è totalmente diverso.

Sul Calvario tutti se ne vanno via, battendosi il petto (Lc 23,48).
Qui, invece, tornano in città con grande gioia (Lc 24,52).
Possiamo dire che il cammino della nostra vita è proprio questo:
dal pentimento di chi ha scoperto Gesù crocifisso
alla gioia di chi si prostra dinanzi a Lui e resta nel tempio lodando Dio!
Il cammino della fede cristiana comincia ai piedi della croce, fuori della città.
Ma termina nella città, con la gioia di una liturgia che non ha fine.

Non dovremmo mai dimenticare questo cammino che san Luca insinua nel suo Vangelo.
Non dobbiamo dimenticare che la nostra fede comincia ai piedi del crocifisso.
Non possiamo eliminare la croce del Signore, il suo sacrificio d’amore.
Senza di questo mistero centrale della Pasqua
noi saremmo ancora peccatori e vittime del peccato.
Saremmo, come tante persone oggi, vittime dei sensi di colpa, dei rimorsi.
Saremmo pieni di ansia per il nostro futuro, per i nostri traguardi da raggiungere.
Saremmo disperati per i continui fallimenti e i dolori che la  vita ci fa conoscere.
Ma Cristo è morto per noi e ai piedi della sua Croce possiamo batterci il petto:
possiamo scoprire che siamo stati amati radicalmente.
Definitivamente!
E tutto, allora, comincia!
Si apre per noi, come ci annuncia la lettera agli Ebrei, una via che ci conduce a Dio (Eb 10,19-20).
Si spalanca, nel corpo del Signore, la possibilità di una vita nuova.

E così non dobbiamo mai dimenticare che il cammino che comincia sotto la croce
ci conduce alla gioia di una continua vita segnata dalla lode, dall’adorazione.
La liturgia non è soltanto un bel momento di preghiera da vivere intimamente.
La liturgia è lo specchio esteriore della nostra vita interiore.
La liturgia è l’anticipazione della vita piena che vivremo nel cuore di Dio.
Così termina il Vangelo di san Luca: con i discepoli che sono prostrati (Lc 24,51)
e che restano nel tempio di Dio, pieni di gioia (Lc 24,52)!
Ogni cosa nella nostra vita deve condurre a questo esito:
le cose che facciamo, l’amore che viviamo, la preghiera che ci sostiene.
Il fine è vivere nella comunione della Chiesa eterna e universale una liturgia che non ha fine
Una liturgia fatta di adorazione e di lode piena.
Quanto più noi cresciamo nella vita spirituale, tanto più siamo abitati da questo mistero.
E ogni cosa diventa permeata di questo mistero eterno. Ogni cosa è una liturgia in atto.
E, in questo mistero, la nostra umanità – corpo e anima – comincia a respirare, a vivere,
a sperimentare la libertà per cui è stata creata.
Riecheggiando sant’Agostino e tutti i padri, sant’Ignazio di Loyola così ha sintetizzato tutto questo:
“L'uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e così raggiungere la salvezza” (ES, 23).

Prostriamoci davanti al Signore e sentiremo il nostro animo che si libera e gioisce!
Battiamo il nostro petto nel pentimento, e sentiremo i piedi del nostro cuore muovere i loro passi!
Lodiamo il Signore in ogni cosa che viviamo e troveremo la fonte per una gioia che ci abita!
Guardiamo a Gesù crocifisso e scopriremo nel suo corpo la via che ci conduce alla vita piena!

Che la nostra vita diventi una continua liturgia di adorazione e di lode
nel cuore dell’umanità, di questa Gerusalemme che è il mondo sconvolto e desideroso di vita.
Restiamo pienamente nella città degli uomini, recando loro in dono questa vita nuova
la nostra vita, diventata liturgia vivente, adorazione continua di Dio che ci ha creati e salvati!

Valledacqua,
2 giugno 2019
Ascensione del Signore
At 1,1-11   Sal 46   Eb 9,24-28;10,19-23   Lc 24,46-53

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